Periodico

Dopo le grandi pause dedicate l’una alle Incisioni veneziane di Federica Galli, l’altra al vasto e complesso omaggio veronesiano, la Fondazione Cini riprende il ciclo espositivo delle maggiori raccolte di grafica veneziana. In questo, Bruno Visentini, presidente, e Alessandro Bettagno si mostrano giustamente irrefrenabili; sì che il loro operare assume il senso d’una completa rivelazione […]

Di tanto in tanto, a vincere l’indifferenziato mostrismo in cui la nostra cultura critica, piano, piano sta affogando, s’aprono alcune, pel vero rare, ma vivissime mostre, ovvero si dà mano a qualche determinante restauro; e dall’une e dagli altri si cavan poi libri che, mattone su mattone, van costruendo quella che sarà la vera casa

Potesse venir giù e leggere le molte «ouvertures» che, sull’imminente mostra bolognese celebrativa della sua arte (che si apre lunedì prossimo alla Pinacoteca Nazionale e al Museo Archeologico di Bologna), la stampa ha iniziato a pubblicare, Guido Reni, per sua natura sublime introverso, dopo un attimo d’esitazione, getterebbe tutte quelle carte per aria e cercherebbe

D’anno in anno, esemplarmente, con lo stesso riserbo che fu dei tempi di Monte Verità e dintorni, Ascona riscopre i suoi ospiti, or più, or meno famosi, e, con essi, le di loro fitte, silenziose, ma non meno tese e drammatiche, relazioni. Uno spirito fra innovativo e meditante; sempre, comunque, il bisogno sottile, quasi si

Non è cosa piacevole doversi opporre a molti, cari ed egregi amici, ma penso che il festoso e non poco improvvido trionfalismo che, da qualche anno, accompagna le pur necessarie revisioni e i connessi atti espositivi attorno al nostro ‘800, dovrebbe subire una sosta di purgatoriale verifica. Questo pel bene di tutti; ma, in prima istanza, pel bene

C’è da augurarsi che sia la volta buona. Del resto, in qualche modo e da qualche parte bisogna cominciare; e sia pure da una parte che, al presente livello delle cognizioni, può anche parer laterale. L’occasione si vorrebbe fosse questa bellissima mostra, in cui, nel ventennale della morte del maestro, vien esposto uno dei suoi

Più volte ebbi a scrivere che qualche museo della Svizzera italiana dovrebbe, prima o poi, realizzare una mostra che desse finalmente atto di quella «pittura di frontiera» che, pur potendo stabilire le radici assai più addietro, è andata creando, dai tempi della Scapigliatura, una sua propria verità; e, dunque, una sua propria storia. Salendo dalla

Chi voglia veramente conoscere, ed amare, la pittura di Chia, tralasci di recarsi all’elefantesco baraccone veneziano e scenda a Spoleto; qui, sulle grandi pareti della chiesa di San Nicolò, ne vedrà una lampeggiante, straordinaria «monografica»; per certo la più completa che, di lui, in Italia si sia fatta; di lui, giovane e superbo maestro fiorentino;

L’idea che presiede a questa mostra non è, certo, peregrina: criticamente è, anzi, delle più stimolanti ed acute. In effetti, quell’irripetibile, ricchissimo, ancorché confuso «falansterio», prima di tutto, d’idee e d’artisti che fu Montparnasse, meriterebbe ben altro della celebrità, tra «maudite» e turistica, di cui fin qui ha goduto; una celebrità, per altro, già offuscata,

D’un capolavoro assoluto, com’è la Giuditta di Donatello, sunto sublime del prima, del durante e, insieme eroico, lacerato annuncio di tutto ciò che, nei secoli avvenire, la scultura sarebbe diventata, non solo fino al suo gareggiare e agonizzare accanto o, addirittura, dentro la pittura, ma fino al suo farsi altra, inesplicabile consistenza, altra, inesplicabile occupazione