Giovanni Testori

davide

Picasso e la potenza della vita

Il Museo Picasso di Barcellona offre a Firenze e, con essa, all’intero nostro Paese una straordinaria mostra d’ottanta incisioni, coronandola con un dipinto che, mentre rilega il genio dello spagnolo alla nostra cultura (tanto per l’iconografia, quanto per la temperie poetica e morale), riafferma la predilezione che, nel suo cuore, Picasso riserbò sempre alla città […]

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Velasco, le visioni di ghiaccio

Non è facile leggere una prefazione che, come quella ventosa e bellissima scritta da Vittorio Sgarbi per la prima personale di Velasco, riesca a far sunto della storia d’una regione, d’un lago, quello di Como, d’una famiglia e, soprattutto, del rapporto di continuazione e d’incontro-scontro tra il padre, Giancarlo Vitali, che fu una delle più

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Un francese alla corte degli Estensi

Non accade di sovente che una grande mostra, riassuntiva com’è questa, di due secoli, mostra per più versi bellissima, della quale potremmo solo dire che, attesa la titolazione, avrebbe potuto occuparsi non solamente di pittura, ma anche dell’altre espressioni figurative; non accade, dicevo, di sovente che, nella ricchezza degli interscambi tra arte locale e arte

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A Lugano sfilano gli spettri di Goya

Con il consueto riservo e la consueta classe che, come prima caratteristica, espongono la coscienza che una mostra non è (come si crede nel nostro decorante e, proprio per questo, indecoroso Paese) una compiacente occasione offerta alla «confraternita degli allestitori» per scatenare i loro avidi complessi, ma per raccogliere un gruppo d’opere legate da un

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Maestri noti e ignoti del Seicento lombardo

Il lettore che ricordi la nota scritta, per queste pagine, in occasione della mostra trevigliese sui Montalto, rammenterà com’essa fosse tesa a sostenere le buone ragioni di quegli studiosi che, circa la pittura lombarda del ‘600, auspicavano da tempo un ampliamento del concetto (e del rispetto) che andasse oltre la buia, viscida e irrisolvibile voragine

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Ecco i vichinghi dell’assoluto

Esiste davvero una condizione inevitabilmente «cattolica» dell’arte italiana cui corrisponde, in funzione dialettica, se non già oppositiva, una condizione inevitabilmente «protestante» dell’arte del Nord Europa? E a tali diverse condizioni, corrisponde davvero, con altrettanta inevitabilità, da una parte il bisogno d’incarnarsi figuralmente, dall’altra, proprio quello di significare la perdita di tale incarnazione? È questa la

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Rembrandt, in quelle lastre la storia dell’universo

Non v’è segno alcuno di coda sull’erta scala che conduce al Petit Palais. I visitatori entrano, lenti e radi. Qualcosa di simile inizia soltanto allorché, acquistato il biglietto d’ingresso, ci s’avvicina alle sale dell’esposizione. Ma, anche qui, non si tratta delle solite, interminabili file che, oggi, s’è costretti a sopportare per metter piede e occhi

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